Eccola, è arrivata la Generazione Z, composta da ragazzi nati tra il 1996 e il 2010, ovvero nativi digitali doc.

Il loro potere di spesa è molto elevato ( negli USA la sola “paghetta” dei Generazione Z ammonta a 44 miliardi di dollari l’anno) e dunque di grande interesse per aziende e pubblicitari che – data la infinitesima soglia d’attenzione che caratterizza la Generazione Z – sostengono che bisogna riuscire ad agganciarli in cinque parole. Impresa tutt’altro che semplice.

L’ultima (ma solo in ordine di apparizione) classificazione delle generazioni operata dal marketing, ci sforna questi cugini dei Millennial dai quali peraltro si differenziano assai.
I Millenial, infatti, sono cresciuti nella relativa pace e prosperità degli anni Novanta, mentre la Generazione Z è nata con la guerra al terrorismo seguita al terribile Undici Settembre ed ha vissuto due crisi economiche: il loro background li ha temprati e resi più pragmatici e determinati. Così gli Z sono ambiziosi e pieni di iniziativa, non vogliono cambiare il sistema, ma lavorarci dentro. E soprattutto programmano.

La Generazione Z è talmente importante da essersi guadagnata anche l’attenzione del New York Times (che gli ha dedicato un focus) e di Fortune, oltre che degli esperti di marketing. I Generazione Z non bevono, non fumano, fanno sesso protetto, non vogliono la macchina, allacciano sempre la cintura.
Mentre i Millennial aspettano d’essere scoperti, i Generazione Z si sacrificano pur di arrivare. Per i primi la parola chiave è condividere, per i Generazione Z è fare.

Non a caso, i modelli della Generazione Z sono nerd. Solo per citarne alcuni: le adolescenti irlandesi scopritrici di un batterio che, velocizzando le colture, segna una svolta nella lotta alla fame; Malala (ovviamente diciottenne), l’attivista pakistana nonché la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e del diritto all’istruzione.

Anche il rapporto con la tecnologia è molto cambiato. I Millennial hanno avuto l’iPod (2001), mentre la Generazione Z è nata (e vissuta) con i social media ed allevata con l’iPhone (2007), al posto delle parole usa gli emoji e i Vine di 6 secondi, videochatta con FaceTime.
Notizia deludente per quelli (nati molto prima dei Millenial, ovvero i genitori!) che si credevano cool con Facebook che invece la Generazione Z considera roba da vecchi (nel 2014 il 25% dei 13-17enni lo ha abbandonato). Instagram è reputato rischioso: un selfie inadeguato può dar sì popolarità, ma danneggiare le prospettive di carriera.

Largo dunque alle più veloci app che garantiscono anche la privacy: Secret e Whisper, ideali per gossippare nell’anonimato; Snapchat che, come 007, elimina i messaggi dopo alcuni secondi.

Occhi puntati quindi su questa Generazione Z che rappresenta un’evoluzione della specie dei consumatori di domani (mattina): colti (uno su due sarà laureato), sempre connessi con la tecnologia (scontato!), concreti e previdenti, poco fedeli alla marca, critici e consapevoli, sostenitori della propagazione della conoscenza, attenti alla salute e al benessere.
E testimoni di una rivoluzione demografica che accompagna quella culturale, grazie alle migrazioni che modificheranno sempre più il mondo occidentale.

Generazione Z. Ultima modifica: 2016-01-26T16:28:02+01:00 da Daniela Graziani